Individuo che dice di chiamarsi Covid e che, appunto, apprendiamo immediatamente essere la personificazione del virus che sta portando molti italiani alla morte, richiamando a modo suo alla memoria divagazioni fantastiche alla maniera dell’angelo Clarence del capriano La vita è meravigliosa.
Un aspetto non nuovo nella filmografia dell’autore di Non escludo il ritorno, considerando che già nel suo L’ultimo ultras era presente la figura ultraterrena di Giulia Elettra Gorietti, ma che in questo caso viene sfruttato ai fini di metaforica denuncia sociale.
Un aspetto cui fa da contraltare neorealista un Claudio Vanni che, stretta amicizia con il già citato Niccolò, incarna la tremendamente veritiera immagine del precario rimasto senza lavoro dopo che le chiusure delle attività obbligate dalla pandemia hanno portato a suicidarsi il proprietario del ristorante in cui svolgeva la professione di cameriere.
Ed è proprio attraverso le sue intense conversazioni con il ragazzino che Covid-19 effettua un riassunto di tutta la grave situazione portata dal “demone togli-respiro” invisibile all’occhio dei comuni mortali, tra insufficienza di posti letto nelle terapie intensive ed escursioni presso l’ippodromo di Capannelle in cerca di una nuova occupazione.
Mentre ad un Maurizio Mattioli non privo di esilaranti battute sulla bocca spetta il drammatico ruolo del nonno del giovane protagonista e ad Emanuele Cerman il momento altamente teatrale sfruttato, non a caso, per ricordare lo stop subito dall’universo della cultura nell’”epoca delle mascherine”.
Al servizio di un esperimento in fotogrammi concepito con enorme ristrettezza di mezzi e che, facendo di una estrema e piuttosto desolata periferia capitolina la sua perfetta scenografia, individua il proprio maggiore punto di forza nei credibilissimi dialoghi semplici e incisivi (a cominciare dal sempreverde “Secondo te uno che non c’ha ‘na lira può sta’ co’ qualcuna?”).
Fino al momento in cui è lo stesso Calvagna ad entrare a far parte del cast per condurre Covid-19 verso una piega analoga a quella dei suoi lungometraggi sulla criminalità… ma non in maniera gratuita e, anzi, contestualizzando il risvolto di sceneggiatura in modo da fornire una morale relativa alle conseguenze dei gesti estremi cui può essere indotto un popolo portato all’esasperazione.
©FlavioFransesini